"L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello", Oliver Sacks, Adelphi, 2009

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, titolo bizzarro quanto irreale. Al contrario, Sacks ce ne dimostrerà la realtà e la serietà. Quello che a primo impatto sembra un romanzo comico, si rivelerà una porta verso mondi che noi, persone “sane”, possiamo solamente immaginare di comprendere. I racconti descritti dall’autore sono gravi casi neurologici che, spesso, portano a conseguenze disastrose. L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello sembra un simpatico malinteso; e se invece l’uomo fosse affetto da un difetto neurologico che gli impedisce di riconoscere i volti umani, saremmo ancora disposti a definirlo “simpatico”? Allo stesso modo è impossibile immedesimarsi in una donna che perde la completa percezione del suo corpo, e che può agire solo con l’utilizzo della vista. Inevitabilmente, a quesiti medici si accompagnano interrogativi di carattere psicologico. Sacks ci spiega come la perdita della memoria comporti una completa perdita dell’Io: un uomo che abbia dimenticato, e continui a dimenticare istante per istante, gli ultimi 50 anni della sua esistenza, chi è realmente dal punto di vista psicologico? Un anziano di 70 anni? O un ventenne pronto a partire per la guerra? La medaglia, però, è sempre composta da due facce. Spesso non tutto il male vien per nuocere. Così, l’autismo può portare a sviluppare oltre la media il senso artistico o l’intelligenza matematica. Allo stesso modo, il “fantasma” di una gamba amputata – la sensazione cioè di possedere ancora l’arto – può essere doloroso, ma senza di esso sarebbe impossibile l’utilizzo di protesi.

Ciò che, a primo impatto, può intimorire è la difficoltà e l’accessibilità di questo libro. Nonostante gli argomenti trattati siano di carattere specificatamente neurologico, il modo in cui sono presentati li rende comprensibili ad un pubblico quasi completamente eterogeneo. Sacks, pur sempre marcando la loro tragicità, descrive i disturbi senza l’abuso di termini medici. Ciò che gli interessa è trattare i pazienti come esseri umani, e non come schemi utili solo per le anamnesi (“maschio, 27 anni, diabetico”); di conseguenza, il suo approccio mira al caso specifico, alla persona, ne analizza il carattere, la personalità e le attitudini. In questo modo, l’autore rende accessibili, ad un pubblico di profani, descrizioni e spiegazioni di disturbi neurologi che sarebbero altrimenti precluse.